Pigra o frainteso? Quando la suocera trasforma una visita in un incubo emotivo
«Sei davvero pigra! È così che si accolgono gli ospiti?» la visita di mia suocera si era trasformata in un tormento.
Fin da piccola, ho sempre ricordato una regola semplice: un ospite va accolto con rispetto e calore. Mia madre adorava cucinare, e ogni visita di parenti o amici diventava una festa. Con mia sorella, aiutavamo in cucina, mio padre sistemava la casa tutto si faceva in famiglia, con amore. Quel clima di affetto, di profumi invitanti e risate che riempivano le stanze ha segnato la mia infanzia. Sognavo già di ricreare quellatmosfera nella mia casa, da adulta. Ma la vita, a volte, ha altri piani.
Quando ho sposato Luca, abbiamo deciso di aprire le porte della nostra casa a entrambe le famiglie. Lidea mi riempiva di gioia, perché mi riportava ai ricordi di casa mia. Presto, la nostra abitazione divenne un luogo di incontri vivaci, chiacchiere interminabili e serate piene di vita. Poi, un giorno, arrivò lei. La madre di Luca. Una donna energica, severa, con un carattere di ferro. In apparenza gentile, ma sotto quel sorriso si nascondeva unironia tagliente, difficile da sopportare.
Allinizio, ho fatto di tutto. Ogni volta che veniva, pulivo fino a far brillare ogni superficie, preparavo piatti elaborati, volevo stupirla. Ma mia suocera sembrava decisa a criticare sin dal primo istante. La prima volta, dopo aver dato unocchiata alla tavola, schioccò la lingua:
«Questo è tutto quello che sai fare? Che mancanza di fantasia. Avrei mangiato meglio a casa mia.»
Il cuore mi si strinse; in quel pranzo avevo messo tutto il mio affetto. Ma non dissi nulla leducazione mi impediva di rispondere. Mi promisi di fare meglio la prossima volta. Poi arrivò il compleanno di Luca. Passai ore in cucina, cercai ricette raffinate, volevo preparare una cena indimenticabile. La tavola era stracolma di pietanze. Speravo finalmente in una parola gentile.
Ma appena entrò in cucina, il suo volto si irrigidì. Non si sedette nemmeno. Ispezionò ogni piatto, annusò, poi esclamò:
«Madonna santa, ma stai scherzando? Chiami questa una cena di festa? Tutto è troppo salato, la torta è secca, le insapore non sanno di nulla. Ma sai cucinare, sì o no?»
Non reggei più. Scappai in camera, piangendo a bassa voce nel cuscino. Mi tornarono in mente le parole di mia madre: «Sei una vera massaia, ce la farai.» Sì, ma non con mia suocera. Lei continuò:
«Ti insegnerò io come si fa. Vieni da me, vedrai cosè una vera tavola imbandita. Questa è una vergogna. Luca proprio non ha avuto fortuna con te.»
Ebbi voglia di risponderle, di dirle tutto quello che avevo dentro. Spiegarle quanto fosse stancante organizzare ogni ricevimento, come cercassi di essere una brava moglie, senza lamentarmi, senza rimproverare mio marito per il suo mancato aiuto, anche quando ero esausta. Ma tacqui. E Luca Lui non disse una parola, come se la cosa non lo riguardasse. Solo dopo che gli ospiti se ne andarono, si avvicinò e sussurrò:
«Scusa. Non la inviterò più. Ha esagerato.»
Annuiti, senza parlare. Quello che mi ferì di più non furono le critiche di mia suocera alla fine, mi ci ero quasi abituata. Fu il silenzio di mio marito, la sua indifferenza, come se i miei sforzi fossero invisibili, insignificanti. Capii allora: non è il cibo che conta, né la tavola perfetta. È avere accanto qualcuno che ti sostiene, anche se servi solo pasta al burro.